“CITTA’ SONORE”: dall’11 luglio arriva il nuovo podcast original RaiPlay sound, realizzato attraverso gli straordinari materiali dell’Archivio Radio Rai

Cinque città di suono, cinque paesaggi sonori, reali o immaginari, giungono a noi da luoghi e tempi diversi: Berlino 1930, Milano 1954, New York 1956, Tokyo 1957, Napoli 1978

Giovedì 11 luglio arriva il nuovo podcast original RaiPlay sound “Città sonore, un progetto unico realizzato grazie al materiale dell’Archivio Radio Rai, selezione e cura di Edoardo De Falchi.

Un affresco sonoro sorprendente di cinque città, cinque mondi raccontati attraverso il suono:  Berlino 1930, Milano 1954, New York 1956, Tokyo 1957, Napoli 1978. Tra teorie e utopie del paesaggio sonoro, tecniche pionieristiche di registrazione, improvvisazioni e presa diretta, microfoni e nastri magnetici, musica concreta ed elettroacustica, magnetofoni, modulatori di frequenza, generatori di rumori, chiasso e vociare, narrazione radiofonica e scrittura, manipolazione e montaggio, in questi documenti audio ritroviamo tutti i mezzi e gli esperimenti di una ricerca sonora che attraversa un secolo, e le sue metropoli.

Nelle prime due puntate ripresentiamo due grandi classici della ricerca sonora. Il primo documento viene dal 1929: Weekend, un “film acustico” di Walter Ruttmann, è il ritratto sonoro di un fine settimana a Berlino, ricomposto e montato in circa 11 minuti. Commissionato nel 1928 dalla radio di Berlino è in assoluto il primo esempio di musica concreta. Walter Ruttmann era diventato famoso l’anno prima con il suo film “Berlino – Sinfonia di una grande città” (1927), realizzato con le tecniche, soprattutto in fase di montaggio, riprese da Dziga Vertov. In Italia Ruttmann girò in seguito “Acciaio” (1933), il suo unico film di fiction, nelle fonderie di Terni con gli stessi operai come attori.

Il secondo lavoro, “Ritratto di città”, testo di Roberto Leydi, commento sonoro di Luciano Berio e Bruno Maderna, voci di Nando Gazzolo e Ottavio Fanfani (e con le voci di Marise Flasch e Cathy Berberian), è un altro grande classico della sperimentazione sonora, anche in questo caso una prima opera di musica concreta (italiana), importante per il lavoro pionieristico di manipolazione ‘elettronica’ dei suoni. Realizzato a Milano nel 1954, per far comprendere ai vertici Rai le possibilità dei nuovi mezzi tecnologici, venne per questo presentato al Prix Italia nel 1955, fuori concorso.

Meno conosciuta, ma veramente interessante è la figura di Tony Schwartz, l’autore del documentario audio su New York del 1956, in cui compare tra l’altro una registrazione di Moondog. Nel suo lavoro come autore di pubblicità, Schwartz ha lasciato 15.000 spot, tra cui il primo mai realizzato contro il fumo. Tuttavia, Schwartz è importante soprattutto come archivista sonoro e sound-designer, oltre che come teorico dei nuovi media (Marshall McLuhan condivise una cattedra universitaria con lui). Soffrendo di agorafobia, però, non riusciva ad allontanarsi troppo da casa, per cui aveva convertito una piccola chiesa del suo quartiere in studio di registrazione (dove registrò tra l’altro musicisti come Harry Belafonte, Mahalia Jackson, Woody Guthrie e molti altri). Tra i tanti premi ottenuti da Schwartz, il primo della sua lunga carriera fu il Prix Italia, ottenuto proprio per questo documentario, “Sounds of my city”, tradotto e doppiato per la radio italiana come “Suoni della mia città – I rumori e le voci di New York”.

Il documentario audio di Sergio Zavoli su Tokyo, “Cronaca di un giorno”, è del 1957, un anno dopo quello di Schwartz (e un anno prima del suo “La Clausura”, altro celebre vincitore del Prix Italia). Per quanto si dichiari estemporaneo, è in realtà costruito e scritto per restituire diversi momenti e aspetti di quella città. Zavoli non solo registra i suoni nei mercati, nei locali pubblici, per le strade, ma soprattutto racconta le usanze, spiega le cerimonie, gli spettacoli sportivi e teatrali, intervista i personaggi. Racconta di essere il primo a portare un microfono in una cerimonia di matrimonio giapponese, registrando un rito buddhista fino a quel momento segreto.

Il documentario su Napoli e i suoi rumori, del 1978 (in onda all’interno del programma “Viaggio in decibel”. Un’esplorazione nella galassia del rumore”), crea un forte stacco e ci riporta improvvisamente a un tempo più recente. All’inizio di questo discorso gli autori, Massimo Ghirelli e Claudio Bacchetti, sollevano un tema che riguarda anche gli altri audio documentari: “Questa è Napoli, paradigma di espressione sonora”.  Il fatto che contenga due lunghe interviste, ne fa un oggetto un po’ diverso. E tuttavia, come dice Schwartz, il suono di una città è innanzitutto il suono della gente che ci vive. Il tema di queste registrazioni napoletane ruota intorno alle distinzioni tra rumore e chiasso, tra il suono o il silenzio di altre città e il vociare dei vicoli di Napoli, in una città che per vari motivi è un prototipo di teatro e non a caso ha il suo riflesso nel teatro popolare.

 

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