“NORMAL”: su RaiPlay dal 10 agosto il film documentario sulle norme, sugli stereotipi, sulle convenzioni di genere nell’Italia di oggi
Opera prima della regista Adele Tulli, presentata al Festival di Berlino nel 2019 nella sezione ‘Panorama’, racconta per immagini le complesse dinamiche attraverso cui costruiamo e abitiamo le nostre identità di genere. La regista italiana presenterà al Festival di Locarno nella sezione ‘Cineasti del presente’ il nuovo film REAL
In occasione della premiere del nuovo film di Adele Tulli dal titolo REAL che verrà presentato al Festival di Locarno nella sezione ‘Cineasti del presente’, sarà disponibile su RaiPlay dal 10 agosto, in accordo con Rai Cinema, l’opera prima della regista, NORMAL presentata al Festival di Berlino nel 2019 nella sezione ‘Panorama’: film documentario che percorre un viaggio inaspettato nelle norme, gli stereotipi, le convenzioni di genere nell’Italia di oggi.
Un cammino lungo quei confini che chiamiamo maschile e femminile. Un racconto per immagini delle complesse dinamiche attraverso cui costruiamo e abitiamo le nostre identità di genere.
NORMAL è un documentario fuori dagli schemi, originale e visivamente audace che riflette su come il genere definisca il nostro agire quotidiano, influenzandone gesti, desideri, comportamenti e aspirazioni.
Un viaggio tra le dinamiche di genere nell’Italia di oggi, raccontate attraverso un mosaico di scene di vita quotidiana, dall’infanzia all’età adulta. In palestra come in spiaggia, in discoteca, in chiesa, in un parco giochi o al centro estetico: NORMAL osserva le coreografie dei corpi, i rituali sociali per ognuno dei generi nei contesti più ordinari e familiari. Un caleidoscopio di situazioni di volta in volta curiose, tenere, grottesche, misteriose, legate dal racconto di quella che siamo soliti chiamare normalità, mostrata però da angoli e visuali spiazzanti.
Con uno sguardo insieme intimo ed estraniante, il film esplora la messa in scena collettiva dell’universo maschile e femminile, proponendo una riflessione – lucida, e provvista di ironia – sull’impatto che ha sulle nostre vite la costruzione sociale dei generi. Per cercare un nuovo significato a quella che ogni giorno e spesso senza troppo pensiero (e cuore) definiamo normalità.
NORMAL è un progetto quanto mai attuale, che a partire dalla realtà italiana riesce a coinvolgere un pubblico internazionale su un tema largamente condiviso e controverso: il genere e l’impatto sociale della costruzione del maschile e del femminile. Adele Tulli lo affronta con una lucida visionarietà e al contempo con una grande capacità di restituirci l’umanità del quotidiano. Attraversando scene di vita ordinaria in cui potenzialmente tutti possiamo immedesimarci, il protagonista del documentario diventa lo spettatore stesso, stimolato dallo sguardo dell’autrice a dare un nuovo significato a quella che consideriamo Normalità. Nato in modo indipendente come parte di una ricerca accademica, il progetto è stato successivamente sviluppato dall’autrice con i produttori, elaborando una strategia adeguata al suo carattere non convenzionale. La qualità artistica e la natura sperimentale del progetto, oltre che dai partner produttivi (AAMOD, Istituto Luce Cinecittà, Intramovies, RAI Cinema, Ginestra Film), è stata colta da due importanti riconoscimenti ottenuti in fase di realizzazione: il premio per la post-produzione al Milano Film Network Atelier 2017 e l’Eurimages Lab Project Award (Karlovy Vary 2018).
Con uno stile che fonde il documentario con il film-saggio, NORMAL gioca con l’artificiosità del processo di produzione cinematografica per rivelare la natura costruita e quindi performativa del mondo intorno a noi. Il film non si propone infatti di offrire un ritratto oggettivo della realtà, ma di riprodurre la complessità del pensiero critico, raccontando il quotidiano da un punto di osservazione dai tratti surreali, come in uno specchio allucinato del mondo circostante, che di proposito gioca a confondere i confini tra normalità e anomalia. La realtà, in effetti, non esiste se non attraverso i nostri occhi e NORMAL, intenzionalmente, mette in discussione l’ordinario, il consueto, il normale appunto, cercando di stimolare nello spettatore nuove chiavi di lettura per interpretarli.
Nonostante siano tutte girate in location reali, con attori sociali ripresi nelle loro vite di ogni giorno, le scene che compongono il film sono caratterizzate da una forma accuratamente composta, che restituisce la sensazione di una artificiosità quasi grottesca. Le inquadrature, alla ricerca di simmetrie innaturali ed omogenee, sono volte a creare un’atmosfera teatrale, scenica, che guarda agli uomini come a maschere pirandelliane, intenti nella ripetizione di cerimonie sociali e rituali collettivi. Allo stesso modo, il suono e la musica, spesso non-naturalistici, allontanano apertamente le immagini dai loro riferimenti più immediati, favorendo un senso di estraneazione dal contesto rappresentato, verso interpretazioni più sospese ed incerte. Il classico linguaggio filmico lineare e coerente è qui abbandonato per lasciare spazio alle associazioni di senso, alle riflessioni e alle impressioni personali. L’effetto desiderato, attraverso uno sguardo insieme critico e partecipe – in bilico tra empatia e distanza – è quello di riflettere sui dispositivi sociali che ci spingono ad aderire e a riprodurre i modelli culturali prevalenti.
In questo modo viene sospesa la rappresentazione realistica, si disperde, si interrompe, lasciando spazio alla dimensione performativa della rappresentazione. Producendo nello spettatore un senso di spaesamento surreale e di leggera inquietudine nel guardare situazioni comuni, questo approccio invita a problematizzare e immaginare nuovamente la realtà. NORMAL in questo senso rifugge la differenziazione tra reale e artificiale giocando con l’idea che questa opposizione binaria non solo non si può applicare al cinema ma nemmeno alla vita: anche la nostra vita è infatti il risultato di una complessa convergenza tra le norme sociali che ci precedono e ci oltrepassano, e che agiscono inevitabilmente su di noi.
ADELE TULLI ha studiato Screen Documentary presso la Goldsmiths University of London, focalizzando il suo interesse di ricerca anche sugli studi di genere e sulla cultura queer. Nel 2011 realizza il primo documentario, 365 Without 377 prodotto da Ivan Cotroneo che ha vinto, tra gli altri, il premio per il Miglior Documentario al Torino GLFF 2011. Esibito in numerosi festival internazionali e seguito da diverse messe in onda televisive, il film racconta le lotte della comunità gay indiana. Il secondo film, Rebel Menopause, è il ritratto intimo della straordinaria ultraottantenne Thérèse Clerc, vincitore del IAWRT 2015 International Award. Attualmente vive e lavora tra Roma e Londra, dove ha completato un dottorato teorico-pratico in cinema documentario alla Roehampton University, ed è attualmente impegnata in un post-dottorato alla University of Sussex.
Entrambi i suoi primi film sono stati selezionati e premiati in numerosi festival: Sheffield Doc/Fest (UK), Guadalajara International FF (Messico), Flare BFI/London (UK), Frameline/San Francisco (USA), NewFest/NY (USA), Films de Femmes/Creteil (Francia), Fringe Film&ArtsFest/London (UK), Turin GLBT Film Festival, (Italia), Watch Docs (Polonia), Queer Lisboa (Portogallo), Budapest International Documentary Festival (Ungheria), PesaroDocFest (Italia).
NOTE DI REGIA
Il genere oggi è un campo di battaglia: mentre il popolo del ‘Family Day’ affolla le piazze contro lo spettro del ‘gender’, violenze, discriminazioni e disuguaglianze sulla base di genere e orientamento sessuale riempiono drammaticamente le statistiche e i giornali. E la normatività dei ruoli di genere esercita ancora un enorme potere sull’espressione individuale delle persone e sulle loro interazioni e relazioni.
Questo progetto nasce con l’intenzione di riflettere su come le norme di genere siano pratiche sociali implicite, regole non dette che permeano le nostre vite, spesso in modo così sottile e radicato dentro di noi da non essere problematizzate, ma al contrario normalizzate. In passato ho lavorato su temi relativi al genere e alla sessualità sempre scegliendo protagonisti che riflettessero il punto di vista di chi si colloca ai margini delle convenzioni sociali dominanti. In questo lavoro volevo sperimentare un cambio di prospettiva, concentrandomi proprio su ciò che viene considerato convenzionale, normativo, normale. L’idea è quella di innescare accostamenti e associazioni che riescano a provocare un senso di straniamento e di sorpresa davanti allo spettacolo della “normalissima” realtà di tutti i giorni e di raccontare il genere come un atto performativo collettivo, una cerimonia sociale che dà forma ai nostri corpi e influenza i nostri desideri.
Rispetto ai miei film precedenti, con NORMAL ho sentito la necessità creativa di confrontarmi con un linguaggio espressivo diverso, che riuscisse a dare corpo al mondo invisibile e complesso delle idee. Un linguaggio che, pensando per immagini, favorisse una modalità immersiva, evocativa, meno centrata sulla narrativa lineare propria del documentario convenzionale. NORMAL quindi tenta di riprodurre il procedere incerto, ibrido e fluido del ragionamento, in cui la realtà può essere interpretata, problematizzata e immaginata nuovamente, per stimolare una riflessione aperta sulla natura performativa delle nostre identità sociali.
Una produzione FilmAffair in co-produzione con AAMOD (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico) in associazione con Istituto Luce Cinecittà e Intramovies in collaborazione con Rai Cinema e Ginestra Film.
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